Palazzo Chigi Saracini - Accademia Musicale Chigiana

Ritratto di Alessandro Saracini (1826)

Pietro Benvenuti (1769-1844) Olio su telaEsponente della pittura neoclassica toscana e massimo rappresentante nel periodo napoleonico, il Benvenuti studiò a Firenze ove divenne nel 1804 Direttore dell’Accademia di Belle Arti. Nel 1826 ritrasse i fratelli Alessandro e Marco Saracini, figli di Galgano collezionista e esperto d’arte, che vissero nel Palazzo di famiglia arricchendolo di notevoli opere d’arte.

Un episodio della vita di Fabiola (1870)

Cesare Maccari (1840-1919) Olio su telaIl dipinto è ispirato all’episodio di Fabiola, romanzo del cardinale Wieseman, dove la ricca patrizia romana scopre il corpo esanime della fedele schiava Sira. L’opera segna l’emancipazione del pittore dal purismo mussiniano verso il naturalismo di Morelli e i virtuosismi luministici  di  Mariano Fortuny.  

L’Armonia e la Melodia (1917)

Fulvio Corsini (1874-1938) BronzoDopo aver appreso nella bottega paterna l'arte dell'intaglio, perfezionò alle Accademie di Belle Arti di Roma e Firenze l'utilizzo di materiali e tecniche legate alla tradizione artigiana. La padronanza della scultura in legno, terracotta, bronzo e marmo, gli valse la cattedra all'Accademia di Belle Arti e all'Istituto d'Arte di Siena. Le due sculture bronzee in stile liberty furono eseguite per decorare il Salone dei Concerti del Palazzo che fu inaugurato nel 1923.

La battaglia di Montaperti (1917)

Arturo Viligiardi (1869-1936) Affresco​​​​​​Nel soffitto, centrale del cosiddetto Salone dei concerti è raffigurato, in forma allegorica e con audacia tiepolesca, Il ritorno dalla Battaglia di Montaperti (1260) dell’esercito senese, accolto dal popolo che agitava fra le mani delle ghirlande di ulivo in segno di vittoria. Considerando il periodo storico nel quale ci troviamo si capisce come ci fosse bisogno fra la gente di narrare momenti storici di questo tipo dove si leggeva l’esaltazione della battaglia e la fede nella vittoria. Al centro, con il mantello rosso, Bartolomeo Saracini, che ritorna dalla battaglia applaudito dal popolo.

Museo degli strumenti musicali

Il Museo degli strumenti musicali, aperto al pubblico e parte integrante del percorso di visite guidate a Palazzo Chigi Saracini, si è formato, a partire dal 1906, con gli strumenti di proprietà del conte Chigi. Arricchitosi nel tempo attraverso nuove acquisizioni e generose donazioni, conta oggi un centinaio di esemplari.  Accanto a numerosi manufatti ad arco, a fiato, a tastiera e popolari, tra gli strumenti conservati nel Museo spiccano: - l’eccezionale clavicembalo costruito nel 1515 da Vincentius, ad oggi il più antico strumento del genere conosciuto al mondo. Costruito a Roma, appartenne alla famiglia fiorentina dei Tempo e a papa Leone X; - un violoncello costruito nel 1682 da Antonio Stradivari, il più grande liutaio della storia. Grazie a ulteriori donazioni, la collezione di strumenti continua ad ampliarsi. Recentissime sono ad esempio due notevoli acquisizioni: il pianoforte Erard, ca. 1837, appartenuto al grande compositore Pietro Mascagni, o un clavicembalo Pleyel del 1912, costruito secondo un modello voluto dalla celebre pianista-clavicembalista Wanda Landowska.

Violoncello (1682) - Antonio Stradivari

Antonio Stradivari (Cremona, tra fine 1643 e 1649 – Cremona, 18 dicembre 1737)

Madonna Piccolomini (sec. XV)

Collaboratore di Donatello a Siena MarmoRealizzata probabilmente nella bottega senese di Donatello, forse su richiesta di uno dei nipoti di Pio II, la Madonna recante lo stemma dell’antica famiglia senese ebbe una rilevante fortuna fra i rilievi mariani domestici del Quattrocento. L’immagine fu prototipo di almeno dodici repliche e varianti che impegnò in un assiduo e fruttuoso gioco di scambi numerose botteghe attive nel medesimo periodo anche a Firenze e a Roma.

Tavolo (sec. XVI)

Manifattura fiorentina. Legno tinto di nero con lumeggiature in oro.La realizzazione di questo particolare tipo di arredo, in uso a Firenze alla fine del Cinquecento presso la corte medicea si proponeva come alternativa all’uso di intarsi di materiali preziosi. La particolare  decorazione era detta “all’indiana” per via dei suoi ornati che, eseguiti con pittura dorata su fondo oro si rifaceva all’arte persiana e indiana conosciuta grazie ai fecondi scambi commerciali dei granduchi con l’oriente.

Madonna con bambino, Santa Maria Maddalena e Santa Caterina da Siena (1490 circa)

Neroccio di Bartolomeo (1447-1500) Olio su tavolaNeroccio de’ Landi fu abile scultore in legno e raffinato pittore. Nell’opera convivono la tradizione gotica senese, con il suo gusto per gli ori, per il disegno sinuoso e per le sottili stesure di colore, accanto alla rielaborazione di alcune novità del Rinascimento fiorentino. La posa atletica e l’anatomia classicheggiante del Bambino derivano da Donatello, così come il gusto per i dettagli realistici: l’ombra proiettata dal bimbo e le staffe che fissano le lastre di pietra del parapetto.

Madonna con Bambino e angeli (circa 1490)

Ambito di Sandro Botticelli Olio su tavolaL’opera deriva dalla famosa Madonna con bambino e due angeli della Fine Arts di Vienna e anche dalla Madonna con bambino e S. Giovanni battista  del Museo di Dresda, entrambe attribuite a Sandro Botticelli che le dipinse intorno al 1490. O schema proposto dal pittore fiorentino, cioè quello della Vergine rappresentata con in intimo rapporto con figlio mente  alle sue spalle due angeli osservano e commentano  la scena  illuminati dalla finestra aperta che fa da quinta allo sfondo.

Madonna in adorazione del bambino (circa 1480)

Biagio d’Antonio (1440-1445) Olio su tavolaIl Conte Guido Chigi Saracini acquistò l’opera  nel 1950 accaparrandosela all’asta parigina della Galerie Charpentier . Il dipinto è stato attribuito in seguito da Mario Salmi a Biagio d’Antonio, emulo del Ghirlandaio e in generale della cultura fiorentina di fine secolo di stretta osservanza verrocchiesca. Particolarmente originale appare, sullo sfondo, la capanna merlata con san Giuseppe che nutre gli animali. La strada alle spalle dei personaggi conduce infine ad una città turrita che ricorda vagamente Firenze.

Altarolo portatile (circa 1518)

Andrea del Brescianino (documentato a Siena dal 1506 al 1524, a Firenze nel 1525) Legno dipinto Il piccolo altarolo portatile, elegantemente decorato, è  collocato  sopra la console rococò e fu eseguito da Andrea del Brescianino alla fine del secondo decennio del XVI secolo. Al suo interno è conservato un Crocifisso  bronzeo attribuibile a Ferdinando Tacca appoggiato su una tavola dipinta con la Maddalena, San Giovanni e Maria Vergine. Sulle ante degli sportelli sono raffigurati Sant’Agostino e San Girolamo. Il tabernacolo è stato eseguito per qualche rappresentante della famiglia Sozzini di Siena, come dimostra lo stemma dipinto sul retro.

Episodio cavalleresco (sec XIX, prima metà)

Giovanni Bruni (1804-1864) AffrescoProtagonista della pittura purista di ispirazione nazarena a Siena negli anni trenta e quaranta, il pittore si forma a Siena sotto Giuseppe Collignon e Francesco Nenci e a Firenze presso Benvenuti; insegna disegno all’Istituto di Belle Arti dal 1837 fino alla morte, allineandosi, quasi in un sodalizio, sulla posizione di Nenci nei confronti della rivalutazione dei “primitivi”, e in accordo, più tardi, con le idee di Luigi Mussini. Alessandro Saracini si rivolge al Bruni, al quale aveva già commissionato nel 1840 Il martirio di Sant’Orsola  per la cappella di famiglia a Castelnuovo Berardenga, per dipingere una delle stanze ospitanti la sua collezione che il padre Galgano, già nel 1898, aveva  fatto affrescare al pittore Antonio Castelletti. L’episodio narrato si riferisce probabilmente a Paolo III che concede il ducato di Parma al figlio Pierluigi.

Vasi giapponesi (sec XIX)

Stile Satsuma Porcellana dipintaSui piedistalli dorati appoggiati alla parete sono collocati due vasi in porcellana di stile Satsuma , che risultano fra le produzioni giapponesi più note nel XIX secolo. Il  nome deriva dalla denominazione della zona di produzione originaria, all’epoca dominio del clan Shimazu e oggi la parte meridionale dell’isola di Kyushu. Si tende a far risalire l’origine della porcellana Satsuma a maestranze coreane sopraggiunte nell’area a metà del XVI secolo, ma fu solo dal 1790 circa che la produzione locale mutò radicalmente, divenendo la manifattura più conosciuta e maggiormente esportata della storia giapponese. A questo periodo si fanno risalire i nostri esemplari.

Il pianoforte di Liszt (1860)

Ditta Bechstein BerlinoUno degli strumenti più pregiati conservati nell’Accademia Chigiana è il pianoforte a coda che il grande Franz Liszt (1811-1886) fece costruire appositamente per sé nel 1860 dalla ditta Bechstein di Berlino. In un primo momento il musicista tenne questo strumento nella sua residenza di Weimar. Quando nel 1861 si trasferì a Roma, dove, presi gli ordini minori, si stabilì nel convento di Santa Francesca Romana, lo portò con sé. Da allora il maestro si divise fra tre principali residenze: Weimar, Roma e Budapest, ma il pianoforte rimase sempre nella capitale dello Stato Pontificio. Alla morte del compositore, esso fu donato al suo maggior allievo italiano, il romano Giovanni Sgambati, che risiedeva in un nobile palazzo di famiglia in piazza di Spagna. Dopo la scomparsa di Sgambati, avvenuta nel 1914, lo strumento fu probabilmente acquistato dall’ingegner Roberto Almagià, che comunque ne era il proprietario nel 1938, quando conobbe Guido Chigi Saracini e nel dicembre di quello stesso anno decise di donarglielo. Questo eccezionale strumento è stato restaurato dall’Accademia Chigiana, che vi ha tenuto anche concerti e ne ha consentito la registrazione di un CD (etichetta Brilliant) ad opera di Michele Campanella, interamente dedicato a musiche di Liszt.

Madonna con Bambino e Santi (1450)

Sano di Pietro (1405-1481) Tavola dipintaLa preziosa tavola dalla forma inusuale fu dipinta da Sano di Pietro intorno al quinto decennio del Quattrocento. Vi si riconosce chiaramente la mano del pittore in un periodo in cui la sua vena creativa si stava esaurendo lasciando poto una vera e propria uniformità di stile. L’immagine devozionale rappresenta la Madonna con il Bambino di ispirazione martiniana circondata da due santi in preghiera: San Girolamo e San Bernardino da Siena. Quest’ultimo fu canonizzato esattamente nel 1450.

Piatto con strumenti musicali

Bottega eugubina di Giorgio Andreoli Maiolica dipintaLa particolarità di questa maiolica è la ricca decorazione che la contraddistingue: larghi trofei di armi antiche, elmi di vario tipo, abbinati in ordine sparso a strumenti musicali tra cui un tamburo, un organo portativo, un liuto. Le grottesche ed i trofei furono fra i primi motivi decorativi usati dalla bottega eugubina di Giorgio Andreoli, il maestro che soleva firmarsi dopo il 1531 con la lettera N che infatti è apposta sul retro del piatto, a lustro rosso rubino.

Suite della tabacchiera

Il grande compositore bolognese Ottorino Respighi (1879-1936) fu più volte ospite del conte Guido Chigi Saracini. I suoi soggiorni a Siena si risolvevano spesso in occasioni per incontri con altre eminenti personalità del mondo della musica, come ad esempio nel 1928 con la pianista Wanda Landowska, a quei tempi una dei pionieri della riscoperta del clavicembalo. Oppure, già nel 1926, quando si esibì in veste di pianista in un concerto assieme alla moglie, la cantante Elsa Sangiacomo. Fu proprio nell’agosto di quell’anno, durante i giorni del Palio, che, sorpresi da una forte pioggia, i coniugi Respighi ripararono a casa del conte. Una volta giunti, il musicista notò su un tavolino un’antica tabacchiera di porcellana con impressi dei temi musicali di un antenato di Guido Chigi Saracini: ne fu colpito al punto da trascriverli e da trarne una suite per strumenti a fiato e pianoforte a quattro mani. La prima esecuzione di questo lavoro, dedicato naturalmente al fondatore della Chigiana, fu il 22 novembre 1930, serata inaugurale della stagione concertistica invernale “Micat In Vertice”. In quell’occasione si ebbe la creazione di un’altra opera di Respighi, pure dedicata al conte: la Lauda per la natività del Signore, su testo di Jacopone da Todi. Entrambi gli autografi di queste pagine sono conservati presso l’Accademia Chigiana.

Ritratto di gentiluomo (circa 1640)

Bernardo Strozzi (1581-1644)Il pittore genovese emulo di Rubens, dal quale trasse una personalissima interpretazione, si spostò verso il 1630 a Venezia dove ebbe l’opportunità di conoscere più profondamente la pittura veneta del Cinquecento, soprattutto l’opera di Tiziano. In quel periodo eseguì probabilmente il dipinto, dove si nota una tale caratterizzazione psicologica da fare pensare ad un Autoritratto. L’opera è impostata su una gamma cromatica di colori scuri su cui risaltano i punti di luce dati dal colletto della camicia e la lettera che l’uomo tiene fra le mani.

Annunciazione (sec XV)

Mariotto di Nardo (notizie tra il 1394 e il 1424) Olio su tavolaMariotto di Nardo, che si era formato nella celebre bottega del padre e degli zii Andrea - detto l’Orcagna - e Jacopo, si adeguò in seguito al gotico internazionale dello Starnina e di Lorenzo Monaco. Il nostro dipinto è stato trasformato in dittico nell’Ottocento quando, probabilmente sezionando un polittico, Galgano Saracini cercava di adattare le sue opere di ‘primitivi’ alle stanze museali che stava allestendo nei primissimi anni dell’Ottocento. Qui notiamo, nelle figure dell’angelo e della Vergine il recupero di un equilibrio compositivo e di una severità neo-giottesca, vivacizzati dalla gamma cromatica e dagli audaci accostamenti, e dalla profusione dell'oro.  

Mobilio in stile impero (1841)

Agostino Fantastici (1782 - Siena, 1845) Legno intagliatoLa “Camera della Regina” prende il nome del fatto che vi fu ospitata, per circa un ventennio, Elisabetta I del Belgio intima amica del Conte. La stanza è arredata con mobili eseguiti durante i primi decenni dell’Ottocento nello stile che a Siena collega il neoclasicismo di tradizione settecentesca al gusto Impero riconoscibile in elementi decorativi come i cigni o i fasci littori, come anche negli ornati di gusto egizio che distinguono per eccellenza esecutiva il Secretaire. Tutto il mobilio: il Letto a baldacchino con i cigni dorati, la Consolle, il Secretaire con il motivo decorativo ispirato alla scenografia della Semiramide di Rossini, la Specchiera con richiami classici, il mobile da toilette a forma di colonna poggiante, il Cassettone e la Consolle furono disegnati da Agostino Fantastici che fu architetto, scenografo e arredatore. L’artista, che fu soprattutto tra i più importanti esponenti della cultura neoclassica in Toscana lavorò fra il 1830 e il 1835 per Alessandro Saracini sia nel Palazzo di Siena che nella villa di Castelnuovo Berardenga.

San Girolamo (circa 1663)

Gian Lorenzo Bernini (1598 - 1680) TerracottaL’opera è un raro bozzetto preparatorio alla scultura marmorea commissionata dal Papa Alessandro VII (Fabio Chigi) a Gian Lorenzo Bernini per la Cappella del Voto del Duomo di Siena. Cronologicamente si colloca nella seconda metà del Seicento e, più precisamente, attorno al 1663. La figura di San Girolamo, pensato come un vecchio eremita in adorazione del crocifisso, è un motivo che ricorre spesso nella produzione artistica dell'artista. I tratti del volto e dell'anatomia, che sempre più si distaccano dalle proporzioni regolari e dalle tipologie della statuaria classica, segnano nello stile del Bernini un notevole punto di svolta.  

San Girolamo penitente (circa 1530)

Domenico Beccafumi (1486 - 1551) TerracottaLa terracotta ha le caratteristiche di un bozzetto lavorato di getto come preliminare alla realizzazione di una statua di maggiori dimensioni. Si tratta infatti dell’elaborazione autonoma di un capolavoro michelangiolesco, la Vittoria, scolpita tra il 1532 e il 1534 per l’imponente progetto della tomba di Giulio II in San Pietro, mai terminato nelle sue forme originarie; la scultura fu donata dal nipote, Leonardo Buonarroti, al duca Cosimo I nel 1565 dopo un tentativo di collocarla sulla tomba dello zio in Santa Croce, cui si oppose Vasari. Destinata al Bargello nel 1868, la statua è tornata a Palazzo Vecchio nel 1921, occupando il posto di quella di Savonarola trasferita nell’omonima piazza. 

Ritratto di Pier Maria Romolo Saracini (1624)

Rutilio Manetti (1571 - 1639) Olio su telaIl ritratto raffigura un antenato della famiglia, Pier Maria Romolo Saracini Balì di Sant’Eufemia, raffigurato da Rutilio Manetti nel 1624 mentre si mostra con le vesti dell’ordine dei cavalieri di Malta. Il dipinto mostra chiaramente i segni del luminismo caravaggesco che Manetti interpreta al meglio raffigurando il personaggio nella penombra e illuminandolo con le insegne bianche dell’Ordine che si stagliano nelle vesti brune.

Sposalizio mistico di Santa Caterina da Siena (1528)

Domenico Beccafumi (1486 - 1551) Olio su tavolaLa pala è ricordata nella chiesa di Santo Spirito a Siena dove fu dipinta nel 1528 per una Cappella che fu dei Saracini. Dotata anticamente di una predella, oggi smembrata e dispersa, se ne conoscono alcuni frammenti oggi al Philbrook Museum of Art di Tulsa (collezione Kress), due nel Museum of Fine Arts di Boston e due già in collezione Scharf a Londra e oggi al Getty Museum . Due bozzetti esistono nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe agli Uffizi. L’opera rappresenta un baldacchino sorretto da angeli  sotto il quale è rappresentata Maria in trono, in cima a una gradinata che guarda il figlio bambino che inanella santa Caterina da Siena, inginocchiata a destra. Ai lati sono raffigurati alcuni santi disposti in un'ordinata simmetria, tra cui si riconoscono in primo piano i santi Pietro e Paolo, san Sigismondo, san Domenico, san Giovannino, san Bernardino da Siena e santa Caterina d'Alessandria, omonima della santa senese da cui deriva l'iconografia del "matrimonio mistico".

Allegoria dell'Amor celeste (circa 1504)

Giovanni Antonio Bazzi detto "Il Sodoma" (1477 - 1539) Olio su tavolaL' Allegoria dell'amore celeste  era un tema particolarmente caro agli ambienti neoplatonici della Firenze del Quattrocento. Il soggetto deriva da un’incisione di Nicoletto da Modena nota fra gli intellettuali dell’epoca e risente in generale della cultura fiorentina. In un ambiente classicheggiante è rappresentata una figura femminile, vestita all'antica che ricorda vagamente sia Minerva (l'elmo e la veste) che  Venere (la nudità) e che sta versando dell'acqua da una brocca. Dietro di lei si nota un cartello con la scritta Celestes, e sulla colonna la scritta Stinsi terenas, che significa "ho spento le cose terrene". L'allegoria è quindi interpretabile come l'amore celeste che vince l'amore terreno.

Arianna abbandonata (circa 1520)

Girolamo del Pacchia (1477 - 1533) Olio su tavolaAllievo di Giacomo Pacchiarotti e co-protagonista della pittura a Siena del primo Cinquecento, il pittore si distingue per un’ evoluta interpretazione dell’arte di Raffaello portata a Siena da Girolamo Genga. La tavola era probabilmente il fronte di un cassone nuziale. Il soggetto rappresenta la storia di Arianna, figlia del re di Creta Minosse e di Pasifae. Arianna diede a Teseo un gomitolo di lana (il proverbiale filo d'Arianna) per poter segnare la strada percorsa nel labirinto e quindi uscirne agevolmente. In seguito fuggì con lui e gli altri ateniesi verso Atene, ma Teseo la fece addormentare per poi abbandonarla sull'isola di Nasso (chiamata anche Dia).

Erdimione addormentato e Selene (sec. XVI)

Giorgio di Giovanni (documentato dal 1538 - 1559) Olio su tavolaL’opera è il frammento di un’antica spalliera rappresentante l'Endimione addormentato che si abbandona in un dilatato orizzonte paesistico che, descritto con cura e attenzione naturalistica, richiama il pendant di Orfeo del castello praghese di Šternberk: l'acuta caratterizzazione dei cavalli di Selene, che abbandona Endimione, e degli animali, incantati dal musico, sono evidentemente debitori della fantasia decorativa di Giovanni da Udine.

Vaso (circa 1730)

Manifattura di San Quirico d'Orcia e Bartolomeo Terchi (1691 - 1766) MaiolicaIl vaso fa parte di una coppia che reca la firma autografa dell’autore “Bar: Terchi Ro[mano]”e sono databili intorno al 1730. Lo stile è quello che caratterizzava la produzione della manifattura di maioliche di San Quirico d’Orcia che fu fondata dai Chigi sullo scorcio del XVII secolo grazie anche alla collaborazione dei migliori decoratori e pittori su ceramica del tempo, come il romano Bartolomeo Terchi e Ferdinando Maria Campani.  La maiolica “istoriata” trae ispirazione dalle incisioni seicentesche di matrice raffaellesca e il soggetto rappresentato si inspira alla leggenda degli Argonauti.

Sacra Famiglia con San Giovannino e un angelo (circa 1560)

Bartolomeo Neroni detto il Riccio (1505 - 1571) Olio su tavola Il pittore fu un artista poliedrico che realizzò nel corso della sua vita numerose opere in vari campi, pittura, scultura, miniatura. Godette di grande fama anche come ingegnere militare, scenografo, architetto.  In questa stanza sono presenti diversi dipinti autografi di destinazione privata che rivelano il forte interesse del padrone di casa per la pittura cinquecentesca di ascendente michelangiolesco.

Autoritratto in veste di guerriero (circa 1643 )

Salvator Rosa (1615-1673) Olio su telaIl dipinto, capolavoro della ritrattistica del maestro napoletano,  deve essere datata al periodo toscano dell’artista che trascorse a Firenze quasi tutto il quinto decennio del Seicento. La tela raffigura sulla base di confronti certi quasi sicuramente il pittore in atto di sfoderare una spada, contrapposto ad un muro, con alle spalle una bandiera. I suoi lineamenti sono fieri e alteri e il suo volto emerge dal fondo per l’intensità degli occhi incorniciati da una testa corvina imponente. Il tono è quasi monocromo ed in generale si avverte un tono sobrio dato dall’ ambientazione spartana.

La Probatica piscina (circa 1731)

Sebastiano Conca Olio su tela La tela è il bozzetto preparatorio per l’affresco dell’abside dell’Ospedale di Santa Maria della scala eseguito dall’artista nel 1732. Le vicende dell’esecuzione sono legate alla committenza del rettore Galgano Saracini dè Lucarini divenuto Rettore del Santa Maria della scala nel 1730 che incaricò il Conca, all’epoca all’apice della propria carriera. Il racconto evangelico di Giovanni sulla guarigione del paralitico è ambientato nel quartiere di Betzeda a Gerusalemme.  In quell’area, vicino ad una piscina (una vasca di raccolta dell’acqua piovana), sostava sempre un gran numero di infermi e di paralitici che aspettavano un evento miracoloso per la guarigione delle loro infermità. Gesù e il paralitico sono raffigurati uno di fronte all’altro. L’artista fa notare la profonda partecipazione di Gesù al dramma dell’infermo raffigurandolo al centro della composizione con il palmo rivolto verso l’alto come volersi fare tramite della luce che arriva dall’eterno in gloria e dalle schiere angeliche rappresentate nella parte superiore.

Cofanetto (sec. XV)

Bottega degli embriachi (fine sec. XIV - inizio sec. XV) Ebano ed avorio in tarsiaL’oggetto fa parte di una serie la cui fattura è riconducibile alla produzione della bottega degli Embriachi, una famiglia di intagliatori attivi prima a Firenze (fine sec. XIV) e poi a Venezia (inizio sec. XV) che si distinse anche per la produzione di manufatti di legni vari, osso naturale (l'avorio era diventato raro e prezioso), corno, leghe metalliche, intarsiati e/o intagliati che custodivano i gioielli di famiglia ed erano generalmente doni impegnativi di nozze. Gli intarsi erano detti “alla certosina” e recano lungo i fianchi una serie di formelle d’avorio con scene di vita cortese e soggetti tratti dal repertorio allegorico secondo un giusto tipico del Gotico internazionale, di cui la bottega degli Embriachi fu uno dei centri di diffusione in Italia.

Sacra Famiglia con San Giovannino e Santa Caterina da Siena (circa 1590)

Alessandro Casolani (1552-1606) Olio su telaLa tela rappresenta Santa Caterina da Siena che dona alla Vergine e al bambino il giglio della purezza  mentre al contempo mostra le stimmate. Assistono alla scena, alle loro spalle san Giovannino e san Giuseppe. Alessandro  Casolani, uno dei pittori più rappresentativi della pittura controriformista a Siena a partire dagli anni settanta del Cinquecento,  è il protagonista di una bottega di artisti che operano per numerose istituzioni pubbliche e private senesi. Caratterizzate da una dolcezza cromatica e dalle forme aggraziate, le figure che animano i suoi dipinti sono plastiche e pacate mentre i toni sfumati tengono conto sia del cromatismo veneto che della vivacità narrativa tipica della pittura romana cinquecentesca.

Ritratto di giovinetto (circa 1600)

Francesco Vanni (1564-1610) Olio su telaFrancesco Vanni può essere considerato uno degli artisti più rappresentativi della pittura controriformata italiana riassumendo in se, fino a farle proprie, gran parte delle più eterogenee invenzioni della cultura tosco-romana della fine del XVI secolo. Questo ritratto di giovinetto fu eseguito dall’artista  nella piena maturità artistica quando, spenti gli echi barocceschi, iniziò a manifestare un certo interesse per la pittura emiliana. Il giovane uomo, dai tratti spagnoleggianti e gli orecchi pronunciati, è vestito in maniera elegante, con stoffe preziose e ricercate. Cromaticamente luminoso, il dipinto prende luce dal bavero ricamato e tessuto “a tombolo”, una tecnica molto antica diffusa nelle fiandre a partire dal XV secolo e dal fazzoletto che il ragazzo tiene in mano.

Autoritratto (circa 1610)

Francesco Rustici (1592-1625) Olio su telaFrancesco Rustici detto “il Rustichino”, dopo avere iniziato la sua carriera nella bottega del padre Vincenzo, si distinse per la piena adesione all’arte naturalistica di matrice caravaggesca, caratterizzata dal gioco luministico delle visioni notturne, interpretati in particolare dagli artisti nordici operanti in Italia, come Gherardo delle Notti. L’autoritratto del pittore fa parte, come si nota nella parete, di una serie di quattro tele, eseguite su commissione, che bene rappresentano la pittura senese di primo Seicento: Francesco Rustici, Alessandro Casolani, Rutilio Manetti e Domenico Manetti. Prima di entrare nella Collezione di Galgano Saracini i dipinti facevano parte della Galleria di Mario Tolomei, nobile senese e committente di molte opere dell’epoca.

Pietà (circa 1590)

Rutilio Manetti (1571-1639) Olio su tavolaAllievo di Ventura Salimbeni e Francesco Vanni, il pittore fu anche tra i primi artisti a risentire delle novità di Federico Barocci, in particolare per quanto riguarda lo studio degli affetti e la resa aggraziata degli sfumati. Questa grande tela, realizzata per una chiesa senese, appartiene proprio al primo periodo tanto da essere considerata una delle sue prime opere. La Vergine in Pietà, con le braccia spalancate e lo sguardo rivolto vero il cielo sembra straziata nel presentare il corpo diafano del figlio abbracciato da due angeli e riverso al suolo. La gamma cromatica è un alternarsi di toni freddi e cangianti desunti dalla pittura baroccesca. Molto presto si avvicinò al naturalismo caravaggesco, con cui forse era entrato in contatto durante un viaggio a Roma, realizzando, oltre a soggetti religiosi, tele con temi tipici dei caravaggeschi, come banchetti e concerti.  

Apollo (circa 1650)

Raffaello Vanni (1590-1663) Olio su telaL’artista fu figlio di Francesco Vanni del quale fu inizialmente allievo. Dopo un primo apprendistato senese, alla morte del padre, avvenuta nel 1610, si spostò a Roma e divenne seguace di Pietro da Cortona. Nel 1655 divenne membro dell'Accademia di San Luca e fu nominato Principe dal 1658 al 1660. Il giovane Apollo, con la testa cinta da una corona di alloro, e rappresentato di tre quarti e con gli occhi riversi al cielo. Il supporto pergamenaceo denuncia che l’oggetto, forse un frammento, sia una prova da studio. La pittura, a larghe pennellate di colore pastoso e luminoso, è tipicamente cortonesca.

Crocifissione (1580)

Cristoforo Roncalli detto “il Pomarancio”(1552-1626) Olio su tavolaIl dipinto proviene dall’ ex Monastero soppresso di Santa Maria degli Angeli dove era esposto insieme al suo ‘pendant’, una Trasfigurazione anch’essa dipinta nel 1580 dal Roncalli. Entrambi  furono acquistati da Bernardino Saracini nel 1783 e da allora collocati nella stanza dove sono adesso.  La grande tavola è caratterizzata dalla figura lunghissima del Cristo crocifisso in primo piano che fa da spartiacque ai due gruppi di figure che si ammassano ai lati della scena. Le vesti dei personaggi sono realizzati con una gamma cromatica luminosa  alle spalle fa da sfondo un cielo plumbeo e dai toni scuri.  L’artista si forma presso la bottega di Niccolò Circignani, pittore di impronta manierista di cui condivide il soprannome. Lo stile del suo primo periodo ne rimane fortemente condizionato, anche se le fonti contemporanee lo dicono attento allo studio di Raffaello e della scultura antica. 

Frammenti di una carrozza (inizi sec. XIX)

Manifattura romana Legno dipintoLa serie di consoles e angoliere che troviamo negli angoli della stanza fanno parte dell’antico  allestimento collezionistico . In realtà questi mobili sono il frutto dell’adattamento, realizzato agli inizi dell’Ottocento per Galgano Saracini, di quattro frammenti di una carrozza di gala, forse opera di artigiani romani attivi intorno alla metà del Settecento, di cui gli sportelli furono trasformati nelle attuali angoliere e le parti anteriori e posteriori nelle due console. All’interno dei tavoli infatti , ove si trovano adagiati dei piani di marmo di breccia di Seravezza, si trovano lembi di un rivestimento di stoffa, mentre nelle due consoles si intravedono tracce della struttura dei sedili.  Le  basi, in legno intagliato e dorato, son decorate  con paesaggi classici.

San Giovanni Battista (1678)

Giuseppe Mazzuoli (1644-1725) TerracottaLa terracotta presenta una lavorazione curata e finita come quelle realizzate per fare da modelli per opere più grandi. In effetti è considerata il modello compositivo per il San Giovanni Battista di marmo che l’artista scolpì insieme ad un altro San Giovanni Evangelista pe l’altare maggiore della chiesa romana di Gesù e Maria al Corso inaugurata nell’agosto del 1680 con già le due statue collocate in nicchie ai lati di una tela di Giacinto Brandi. Dopo una giovanile formazione nella bottega del padre il Mazzuoli fu introdotto nello studio di Ercole Ferrata dove lavorò alle strette dipendenze di Melchiorre Caffà. A Roma d’altronde lo si trova fra gli scultori impegnati nella decorazione del portico di San Pietro come collaboratore di Gianlorenzo Bernini. Nonostante i suoi impegni romani diventa punto di riferimento dei senesi che, nell’ultimo ventennio el Seicento, gli commissionano sculture destinate al rinnovamento barocco delle principali chiese cittadine.

Giocatori e suonatori a luma di candela (1620)

Rutilio Manetti (1571-1639) Olio su telaIl tema dei giocatori e suonatori raccolti intorno ad un tavolo  è caro alla pittura caravaggesca a Roma nel secondo e terzo decennio del Seicento. L’interesse di Manetti per questi soggetti testimonia come il pittore ponesse attenzione alle novità introdotte a Roma da Gherardo delle Notti nelle sue opere che probabilmente ebbe l’occasione di ammirare dal vero al tempo del passaggio dell’artista da Firenze.  A Roma agli inizi del Seicento i concerti sono diffusamente rappresentati dai pittori caravaggeschi che amano inserire le figure di musicisti, con i loro strumenti all’interno di vere e proprie scene di genere. Rutilio Manetti si distinse nel panorama culturale senese per una ricerca attenta ai valori luministici-cromatici in perfetta armonia con Francesco Vanni e Ventura Salimbeni ma più adeguata ai modi di Caravaggio.

Betsabea (1650)

Bernardino Mei (1612-1676) Olio su tela​​​​​​Il quadro raffigura un brano tratto dall’Antico Testamento (Salmo 51) dove si parla della storia del re David che, passeggiando nella terrazza del suo palazzo vide, e se ne invaghì, la giovane e bella moglie di un suo valoroso soldato , Uria l’Hittita. Betsabea, che diventerà in seguito madre del re Salomone, riceve un biglietto da una serva mentre si sta rivestendo dopo un bagno. La tela è caratterizzata da una ricerca cromatica di grande qualità che fa uso di colori molto intensi come l’azzurro delle vesti della donna. Dopo un apprendistato presso Rutilio Manetti che influenzò senz’altro la sua prima maniera, il pittore elaborò uno stile autonomo fondato sull’uso meditato della luce, che si sarebbe evoluto negli anni con il confronto con la pittura romana di Andrea Sacchi.  In questo periodo si perfeziona l’andamento del lume che indugia, dorato e con esatto calcolo, sulle figure tornite, fondendosi con una pittura morbida e dai toni cromatici brillanti, freddi, su cui risalta il blu cobalto. Tali prove, che hanno indotto a chiamare in causa gli esiti berniniani della sua cerchia, costituiscono il preludio alle insuperate e originalissime realizzazioni degli anni Cinquanta.

Trionfo di David (1648)

Raffaello Vanni (1587-1673) Olio su telaIl dipinto secondo studi recenti fu eseguito in serie con il Giudizio di Salomone del Mei e il Trionfo di Agar di Domenico Manetti eseguiti intorno al 1648. Rappresenta il momento in cui David con la testa di Golia fa il suo ingresso a Gerusalemme fra ali di folla festante. In tutta l’animata composizione si avverte un certo cortonismo soprattutto nella ricchezza cromatica, nei piani che si moltiplicano e si sovrappongono, nei panneggi ampi e mossi e in generale nell’atmosfera animata del dipinto, più vicina alla rappresentazione di una festa campestre che di una scena biblica.

Studiolo di Galgano

La galleria è chiusa da una stanza decorata con “una bussola a specchio” posta in asse con le altre porte delle sale ad iniziare dall’Aula Vivaldi ed è decorata con un affresco di Antonio Castelletti con “Cerere nel suo carro tirato dai Draghi e quattro amorini celesti rappresentanti le Stagioni”. Al suo interno sono conservate, quasi come in uno scrigno, le opere allora ritenute preziose: dipinti di piccolo formato, quadretti in commesso di pietre dure raffiguranti fiori e uccelli, oggetti di scavo, medaglie, piatti di ceramica. Sulle mensole delle pareti la collezione dei bronzetti archeologici e del rinascimento, alternati a piccoli busti di imperatori e bozzetti di terracotta mentre sul tavolo sono esposti numerosi manufatti che intendono dimostrare l’eclettismo degli interessi di Galgano Saracini.

Cerere nel suo carro trainato dai draghi e quattro amorini celesti rappresentanti le Stagioni (XIX sec.)

Antonio Castelletti (1764 - 1840) Affresco su soffitto

Adorazione dei Magi (1440)

Stefano di Giovanni detto il Sassetta (1400-1450) Olio su tavolaInsieme al Viaggio dei magi  oggi al Metropolitan Museum di New York questo frammento faceva parte di una tavola decurtata probabilmente nel corso dell’Ottocento. Sotto il profilo stilistico, il grande precedente, che Sassetta tenne presente per quest’opera è la celebre pala Strozzi, dipinta da Gentile da Fabriano per la chiesa di Santa Trinita a Firenze nel 1423, vero capolavoro della pittura del Gotico internazionale in Italia. Alcuni studiosi hanno indicato nel volto del re mago canuto, che si prostra dinanzi a Cristo e che vediamo un po’ di scorcio, un ritratto dell’imperatore Sigismondo di Lussemburgo che tra il 1432 e il ‘33 ebbe modo di sostare a Siena prima di essere incoronato a Roma. E il riferimento a questo importante evento politico sarebbe ancora presente nella raffigurazione di un giovane falconiere che indossa un curioso, ampio cappello di pelo, alla moda boema, analogo a quelli  che potevano esser visti a Siena in occasione dell’arrivo del corteggio imperiale.

Croce di San Martino (circa 1433)

Stefano di Giovanni detto il Sassetta (1400-1450) Olio su tavolaGrazie alla storiografia artistica locale settecentesca  sappiamo che nel 1820 nella chiesa di San Martino a Siena i frati stavano segando una croce  “per far porte” dipinta nel 1433 e conservata nel reflettorio. Proprio in quell’anno probabilmente entrarono nella collezione di ‘primitivi’ di Galgano Saracini i tre frammenti superstiti: Maria dolente, San Giovanni dolente e San Martino e il povero  ritenuti un importante esempio dello stile di Sassetta influenzato da Masaccio.

Urna etrusca

Terracotta

Ritratto di Marco Saracini (1826)

Pietro Benvenuti (1769-1844) Olio su tela

Lorenzo de Medici e la sua corte

Amos Cassioli (1832 - 1891)

Ritratto di Fabio Chigi Saracini (1906)

Fulvio Corsini (1874 – 1938) Bronzo

Ritratto di Guido Chigi Saracini (1946)

Vico Consorti (1902 - 1979) Marmo scolpito

Donna di Casa Chigi (circa 1520)

Andrea del Brescianino (circa 1486 – circa 1525) Olio su tavola

Stipo giapponese (sec. XVIII)

Vasi da farmacia (sec XVI)

Manifattura Castelli Porcellana

San Francesco in estasi (circa 1640)

Bernardo Strozzi (circa 1640) Olio su tela

Tabacchiera con partitura musicale (sec. XVIII)

Manifattura francese Porcellana

Battaglia (sec. XVII)

Filippo Napoletano (1589 - 1629) Olio su rame

Pietà (circa 1542)

Giorgio Vasari (1511 - 1574) Olio su tavola

Ghirlanda di fiori

Giovanni Stanchi (1608 - 1675) Olio su tela

Madonna con bambino e Santi (sec. XVI)

Seguace di Giovanni Bellini  Olio su tavola

Angelo

Giuseppe Mazzuoli (1644 - 1725) Terracotta

Eroine (1505)

Domenico Beccafumi (1486 - 1551) Olio su tavola

Nave

Agostino Tassi (1580 - 1644) Olio su tela

Teca con Santi

Legno intagliato

Santa Caterina (1610)

Pietro Sorri (1556 - 1622)

Cesare (metà sec. XVII)

Alessandro Algardi (1598 - 1654) Terracotta brunita

Annunciazione (circa 1350)

Giovanni di Agostino  Altorilievo di marmo

La fede (1596)

Bernardino Mei (1612 - 1676) Olio su tela

Cristo Risorto (1550)

Bartolomeo Neroni detto il Riccio (circa 1505 – 1571) Olio su tela

Partita di scacchi (1640)

Rutilio Manetti (1571 - 1639) Olio su tela

Susanna al Bagno (1600)

Jacopo Negretti detto Palma il giovane (1549 - 1628) Olio su tela

Stipo (sec. XVIII)

Legno dipinto

Nave

Agostino Tassi (1580 - 1644) Olio su tela

Trompe l'oeil (1695)

Carlo Sferini (1652 - 1698) Olio su tela

Angeli

Gano di Fazio (XIII secolo – 1317) Marmo scolpito

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